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Tumore dell’ovaio, in Italia 8 volte su 10 si scopre troppo tardi – AIOM e SIGO: “Colto in stadio precoce guarisce nel 90% dei casi”

24 Ottobre 2011

Oggi a Milano oncologi e ginecologi presentano i risultati di un’indagine su 1.100 medici

Diagnosi difficile perché manca lo screening e le donne ignorano sintomi e fattori di rischio. Altissimo il tasso di recidive. Le due Società scientifiche unite per realizzare percorsi mirati

Milano, 24 ottobre 2011 – Ogni anno 4.500 italiane vengono colpite dal tumore dell’ovaio, 3.000 muoiono. Troppe. Gran parte di questi decessi sono evitabili. Oggi 8 volte su 10 la diagnosi giunge infatti quando il cancro è già in fase avanzata e la sopravvivenza è appena del 30%. In questi casi, anche se si interviene, il tumore si ripresenta nell’80% dei casi. “Dobbiamo affrontare due grandi sfide, la diagnosi precoce e la prevenzione delle recidive – afferma il prof. Marco Venturini, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) -. Per riuscire a vincerle è fondamentale una gestione della malattia condivisa fra oncologo e ginecologo. La collaborazione è invece attualmente ritenuta insufficiente dal 63% dei primi e dal 32% dei secondi”. Il dato emerge dalla prima indagine nazionale condotta fra i medici delle due categorie, che ha coinvolto oltre 1.100 esperti e viene presentata oggi in un convegno a Milano. A partire da questa consapevolezza le due Società scientifiche hanno attivato un progetto per realizzare percorsi codificati per facilitare la gestione multidisciplinare e migliorare anche l’informazione alle donne: a breve verrà pubblicata la prima guida promossa dalle due Società scientifiche. “Non esistono purtroppo screening efficaci – spiega il prof. Nicola Surico, presidente della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO) – ma possiamo insistere sui fattori di rischio evitabili, come il fumo e il sovrappeso e spiegare alle nostre pazienti chi deve prestare particolare attenzione. Allerta per chi non ha figli, chi ha avuto un menarca precoce e una menopausa tardiva. Si sottovaluta inoltre il peso della familiarità: chi ha una madre, una sorella o una figlia affetta da carcinoma ovarico va sottoposta ad un attento monitoraggio”. Il tempo è un fattore cruciale, per questa neoplasia più che per altre, sia per quanto riguarda la diagnosi sia per il corretto trattamento farmacologico. “Le pazienti non possono aspettare troppo – spiega la prof.ssa Nicoletta Colombo, Direttore dell’Unità di Ginecologia Oncologica, Istituto Europeo di Oncologia (IEO) -. Negli ultimi anni si è posta grande attenzione in particolare nel cercare di identificare farmaci che potessero ritardare le recidive. Su questo fronte vi sono però fortunatamente buone notizie dalla ricerca dopo oltre 15 anni di assenza di novità terapeutiche. In particolare, in Italia, siamo in attesa di poter utilizzare liberamente un nuovo e promettente anticorpo monoclonale che agisce inibendo l’angiogenesi”.

Il tumore dell’ovaio insorge soprattutto dopo la menopausa, è il sesto cancro femminile più diffuso al mondo, ma rappresenta la più comune causa di morte per neoplasie ginecologiche. “Purtroppo non esiste per questa neoplasia l’analogo della mammografia – afferma Venturini -, per questo dobbiamo spiegare alle donne quali siano i sintomi. Identificarli non è facile, sono spesso sfumati e generali, molto simili ai ben più frequenti disturbi gastrointestinali: stitichezza, sensazione di gonfiore addominale, diarrea, difficoltà digestive, nausea”. Ma come ci si deve comportare in caso di dolori sospetti? “È consigliabile effettuare subito una visita ginecologica, un’ecografia e il dosaggio del marcatore tumorale CA 125, per stabilire se ci troviamo in presenza di un carcinoma ovarico – spiega la prof.ssa Colombo -. In base allo stadio tumorale, si decide immediatamente per un intervento chirurgico, con l’obiettivo di eliminare la totalità della neoplasia visibile. Bisogna puntare a “zero residuo”, cioè non vedere più ad occhio nudo nessun segno di malattia. Segue poi un trattamento chemioterapico, per migliorare per quanto possibile la prognosi della paziente e l’eventuale trattamento con i farmaci biologici”. Il progetto AIOM-SIGO prende il via oggi, con la presentazione dei risultati del sondaggio e rappresenterà una priorità per le due Società scientifiche per tutto il 2012. “Fra i nostri obiettivi vi è la costituzione di una rete di centri con una completa integrazione tra le figure professionali coinvolte – conclude Surico -. Ginecologo e oncologo, in primo luogo, ma anche anatomo-patologo, radiologo, psicologo, determinanti per un approccio globale ad una malattia che colpisce la donna in maniera pesante nella sfera più intima e nella sua femminilità”.

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