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COVID-19 in gravidanza, parto e allattamento: gli aggiornamenti nazionali e internazionali della settimana 23-30 aprile 2020

4 Maggio 2020

da https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-gravidanza-parto-allattamento-30-4-20

Uno studio [1] descrive gli esiti materni e neonatali di 116 donne in gravidanza che hanno contratto l’infezione COVID-19 con l’obiettivo di valutare le caratteristiche cliniche, gli esiti della gravidanza e il rischio di trasmissione verticale del virus SARS-CoV-2 da madre a feto. Gli autori lo definiscono come la più ampia serie di casi disponibile in letteratura. Si tratta di uno studio retrospettivo che ha preso in esame le cartelle cliniche di 116 donne assistite in 25 ospedali cinesi dal 20 gennaio al 24 marzo 2020. L’età gestazionale mediana è 38 settimane, i sintomi più comuni la febbre e la tosse e il 23% delle pazienti è asintomatica al momento del ricovero. In Cina, la quasi totalità delle donne in gravidanza con infezione COVID-19 è stata sottoposta a diagnostica radiologica per immagini e nel 96% dei casi presi in esame sono state rilevate anomalie delle immagini polmonari, ma solo 8 donne hanno sviluppato una polmonite grave e non sono stati registrati decessi materni. È stato rilevato un caso di grave asfissia esitato in morte neonatale. Grazie alla numerosità delle serie di casi, il lavoro descrive nel dettaglio gli aspetti clinici e assistenziali delle madri e dei neonati. Gli autori concludono che l’infezione da virus SARS-CoV-2 nelle donne in gravidanza si presenta con caratteristiche cliniche analoghe a quella delle donne con polmonite COVID-19 non in gravidanza, che il rischio di aborto spontaneo e di parto pretermine non è aumentato e che nelle donne che hanno sviluppato l’infezione nel terzo trimestre di gravidanza non vi sono evidenze di trasmissione verticale del virus da madre a neonato. Altri studi continuano a dimostrare l’assenza di trasmissione verticale [1,2,3,4,5,6].

Un lavoro italiano [7] descrive l’assistenza intrapartum offerta a 42 donne risultate positive all’infezione COVID-19 in gravidanza che hanno partorito in 12 ospedali del nord Italia, tra il 1 e il 20 marzo 2020. I dati clinici sono stati estratti dalle cartelle cliniche. Il 57,1% delle donne (n=24) ha partorito per via vaginale, 18 donne sono state sottoposte a cesareo elettivo, in 8 casi per indicazioni diverse dall’infezione COVID-19. Nel 45,2% delle pazienti è stata posta diagnosi di polmonite con quadri clinici prevalentemente lievi-moderati e 4 sono state ricoverate in terapia intensiva. Complessivamente 3 neonati sono risultati positivi al virus, due per probabile contaminazione durante il post partum e uno a seguito di un parto vaginale operativo ma anche per questo caso non è possibile escludere un’infezione dell’immediato post partum. Gli autori concludono la discussione dei risultati affermando che il cesareo dovrebbe essere riservato alle donne con grave compromissione respiratoria e che occorrono ulteriori evidenze per escludere con certezza una trasmissione intrapartum del virus SARS-CoV-2, il cui rischio, se presente, sembra molto contenuto. Il tema dei DPI per il personale sanitario in aree caratterizzate da alta prevalenza dell’infezione viene sottolineato come prioritario, anche alla luce dell’osservazione di casi con sintomatologia insorta solo dopo il parto.

Una revisione narrativa ha selezionato 33 studi che complessivamente prendono in esame 385 donne in gravidanza affette da infezione COVID-19 [3]. I quadri clinici nel 95,6% dei casi sono stati definiti lievi, nel 3,6% gravi e nello 0,8% critici. I ricoveri in terapia intensiva sono stati 17, di cui 6 hanno richiesto ventilazione meccanica e ad oggi è stato descritto un solo caso di morte materna. È stato registrato un totale di 252 parti, di cui 69,4% cesarei e 30,6% vaginali. Dei 256 neonati, 4 sono risultati positivi al test RT-PCR, complessivamente sono state registrate 2 morti in utero e una morte neonatale. Gli autori concludono che l’infezione COVID-19 in gravidanza sembra avere una presentazione clinica e una gravità simile a quella delle persone adulte non gravide e non sembra associata a esiti materni o perinatali sfavorevoli.

Continuano ad essere pubblicati report cinesi che descrivono nel dettaglio i percorsi assistenziali di piccole serie di casi riportando le caratteristiche cliniche e gli esiti materni e neonatali di madri SARS COV-2 positive [2,8,9].

Una news del BMJ [10] si interroga su quale sia la reale prevalenza delle donne asintomatiche sul totale delle donne in gravidanza positive all’infezione COVID-19 al momento del ricovero per il parto. I pochi dati disponibili in letteratura riguardano casistiche numericamente contenute che rilevano proporzioni molto alte di donne asintomatiche pari a 29/33 in 2 ospedali di New York e 130/166 in uno studio cinese.

Una comunicazione breve [11] descrive un possibile aumento di incidenza di casi di mola idatiforme in un ospedale di terso livello in Egitto in concomitanza con la pandemia. Non viene tuttavia riportato alcun dato quantitativo a sostegno dell’osservazione. Gli autori ipotizzano un nesso di causalità tra l’infezione virale e la condizione e riportano una serie di ipotesi etiopatogenetiche di natura prevalentemente immunologica. La raccomandazione per la pratica clinica prevede il test per la ricerca del virus SARS nelle donne con diagnosi di mola idatiforme.

Gli aspetti relativi al trattamento farmacologico dell’infezione COVID-19 in gravidanza sono poco trattati in letteratura a causa delle scarse evidenze disponibili. Un interessante lavoro francese [12], in pre-print su BJOG, descrive le indicazioni e il profilo di sicurezza e di efficacia dei farmaci utilizzati nelle donne in gravidanza affette da COVID-19 con sintomi respiratori. Dal momento che le donne in gravidanza non sono incluse nei protocolli di studio in corso, gli autori sottolineano l’importanza di condividere tra Paesi le esperienze di diversi presidi sanitari per definire i migliori approcci terapeutici.

Una revisione narrativa cinese [13] descrive le basi fisiopatologiche che rendono le donne in gravidanza facilmente suscettibili alle infezioni virali respiratorie e passa in rassegna le principali classi di farmaci che possono essere impiegate in ambito terapeutico. Diversamente dal lavoro francese, gli autori non fanno riferimento a protocolli utilizzabili nella pratica clinica e si limitano a descrivere le basi biologiche dell’impiego dei diversi principi attivi.

Crescono i contributi di letteratura che guardano all’aspetto dell’organizzazione dell’assistenza al percorso nascita durante la pandemia. In vista della prossima fase 2 è interessante leggere l’articolo tedesco [14] che descrive l’esperienza di una grande maternità della Baviera dove, nel mese di marzo, si è verificata la diffusione del virus SARS-CoV-2 tra il personale sanitario. Il lavoro riassume la strategia e gli interventi adottati per controllare il focolaio epidemico, descrivendo le operazioni di tracing e controllo delle persone positive e dei loro contatti. Le misure adottate comprendono: test per tutti i contatti dei soggetti positivi identificabili; uso delle mascherine da parte di tutto il personale; monitoraggio continuo delle assenze per malattia, sia del personale interno che di quello esterno, ad esempio gli addetti ai servizi di lavanderia o catering; misure per assicurare il distanziamento sociale in tutti gli ambienti comuni; controlli  per verificare il rispetto dell’igiene e la formazione continua del personale sulle misure di prevenzione; comunicazioni dirette e trasparenti sia al personale sanitario che ai pazienti. Sempre in riferimento al contact tracing che coinvolge gli operatori sanitari, il 9 aprile 2020 l’ECDC ha prodotto un report tecnico [15] di cui è disponibile anche la traduzione in italiano [16].

Una breve comunicazione [17] espone gli aspetti organizzativi messi a punto da un team di anestesisti cinesi in caso di necessità di taglio cesareo d’emergenza. Le procedure descritte hanno l’obiettivo di minimizzare il rischio di contagio per i professionisti sanitari e di ottimizzare le procedure assistenziali per l’esecuzione dell’anestesia nelle donne COVID positive.

John Tingle, docente dell’Università di Birmingham prende in esame alcuni contenuti dei rapporti prodotti dal RCOG e dal RCM sull’assistenza ostetrica nel Regno Unito durante l’epidemia da SARS-CoV-2 per discutere aspetti relativi alla sicurezza dei pazienti, alla comunicazione e al rischio di possibili contenziosi medico-legali [18].

A conclusione di questo approfondimento sugli aspetti organizzativi segnaliamo due contributi [19,20] che introducono il problema della garanzia e del mantenimento di un livello appropriato di servizi essenziali per la salute riproduttiva durante l’emergenza causata dalla pandemia. L’offerta di assistenza alla gravidanza, al parto e al puerperio, di servizi per la contraccezione e l’interruzione volontaria della gravidanza così come quelli per le malattie sessualmente trasmissibili, la prevenzione e il sostegno alle donne vittime di violenza non può essere considerata un lusso e deve essere mantenuta operativa anche nei Paesi che dispongono risorse economiche limitate per affrontare l’emergenza.

Dal fronte della ricerca di salute pubblica abbiamo selezionato un interessante commento [21], pubblicato su The Lancet, che passa in rassegna i motivi per cui i progetti di ricerca sulle donne in gravidanza durante la pandemia da COVID-19 rappresentino una straordinaria opportunità per la produzione di conoscenza utile all’azione. Gli autori richiamano la necessità di cooperazione tra Paesi per assicurare una risposta ai numerosi quesiti di ricerca ancora aperti sull’infezione da COVID-19 e sui suoi possibili effetti sulle donne in gravidanza e sui neonati.

Per quanto riguarda la ricerca clinica, un lavoro statunitense [22] esamina le evidenze disponibili su trasmissione del virus SARS-CoV-2 nei modelli animali, infezioni congenite e perinatali che interessano l’uomo e che sono dovute ad altri Coronavirus, e le evidenze limitate e inconclusive disponibili sulla possibile trasmissione verticale del virus SARS-CoV-2 in gravidanza. Gli autori definiscono una priorità di salute pubblica la ricerca sulle vie di trasmissione prenatale e perinatale del virus SARS-CoV-2.

L’Associazione Culturale Pediatri ha pubblicato su Quaderni ACP uno speciale dedicato al COVID-19 in cui si passa in rassegna l’evoluzione delle indicazioni a partire da gennaio ad oggi, affrontando le tematiche relative ai neonati e ai bambini più grandi [23].

Un editoriale di Breindhal et al. [24], supportato anche dalle direzioni dei dipartimenti neonatali danesi, riporta i dilemmi e le priorità della gestione COVID-19 nelle Terapie Intensive Neonatali. Le domande che gli autori propongono sono:

  • Come è possibile classificare le condizioni della madre senza una rigida definizione di caso e conoscenza del decorso della malattia?
  • Come è possibile garantire il legame estremamente importante tra madre e bambino, l’avvio dell’allattamento e la stimolazione neurosensoriale nell’immediato periodo post natale se le madri infette sono separate dai propri bambini?
  • Come è possibile gestire le madri, i familiari e i neonati potenzialmente infetti in una TIN in cui i genitori sono da considerare parte integrante del processo di cura, anche nei neonati più critici, e non semplici visitatori?
  • Come è possibile continuare a seguire i principi della Family Centrered Care (FCC) e del programma di sviluppo e valutazione individualizzato del neonato (NIDCAP) se il bambino è isolato dai suoi genitori?
  • In che modo il personale della TIN proteggerà sé stesso e le proprie famiglie da una malattia altamente contagiosa senza compromettere il bambino malato e i genitori?

Gli autori suggeriscono tre principi guida per la presa in carico delle famiglie con COVID-19 nelle TIN, “senza compromettere i valori e i prerequisiti fondamentali per la gestione ottimale dell’ospedalizzazione”. Il primo principio è un principio di base, che prevede la non separazione del nucleo familiare, a meno che i genitori non abbiano sintomi produttivi e non siano in grado di seguire le linee guida della TIN. Il secondo è il principio di precauzione, che prevede considerazioni sul grado di sviluppo del neonato, sulle sfide terapeutiche, sulla tipologia e gravità della patologia e sulla durata prevista della degenza. Bisogna inoltre considerare gli altri bambini e bambine ricoverati, i loro genitori e il personale. L’aderenza rigorosa alle misure preventive da parte dei genitori e l’uso dei DPI da parte del personale è importante per la sicurezza di tutto il reparto, inclusa la sicurezza degli operatori e delle loro famiglie, pur mantenendo un’elevata qualità assistenziale. Infine, il principio olistico considera la capacità delle famiglie, della loro rete di contatti e le potenziali risorse messe in campo da tale rete, soprattutto nel caso in cui i genitori abbiano una sintomatologia clinica da COVID-19 importante e non possano essere presenti in TIN.

La lettera di una banca del latte italiana descrive la propria esperienza relativa alle procedure per la donazione del latte. Questo viene raccolto dalle donatrici presso il proprio domicilio, conservato in contenitori sterili monouso di plastica all’interno del comparto freezer del frigorifero di casa. Il latte viene raccolto a domicilio una volta a settimana da un autista dell’ospedale, senza entrare nella residenza delle donatrici e utilizzando dispositivi di protezione. L’articolo descrive le procedure di disinfezione dei contenitori e la modalità di utilizzo in sicurezza del latte donato, includendo anche una stima dei costi [25].

I Royal Colleges UK mantengono le proprie indicazioni del 17 aprile [26] mentre l’OMS il 28 aprile ha rilasciato una nuova versione delle Frequently Asked Questions [27] su allattamento e COVID-19 per i professionisti e le professioniste della salute, che completa la guidance del 13 marzo scorso [28,29]. L’OMS riconferma la propria posizione favorevole relativamente all’allattamento in caso di madre sospetta o confermata, al contatto pelle-a-pelle alla nascita e alla kangaroo mother care. Conferma inoltre la spremitura del latte come migliore alternativa per i neonati che non possono essere allattati direttamente al seno, insieme all’uso di latte umano donato e di formula artificiale. Per le madri che hanno interrotto l’allattamento è sempre possibile riprendere in qualsiasi momento. Il documento riporta i messaggi chiave per le madri che desiderano allattare ma temono di trasmettere il virus al proprio bambino, come parte integrante di un intervento di counselling rivolto alle donne e alle famiglie:

  1. Il virus non è stato rilevato nel latte materno delle madri sospette o confermate e, a oggi, non ci sono prove della sua trasmissione con l’allattamento.
  2. I neonati e i bambini piccoli sono a basso rischio di infezione da COVID-19. Tra i pochi casi confermati nei bambini piccoli, la maggior parte ha avuto solo una malattia lieve o asintomatica.
  3. L’allattamento e il contatto pelle-a-pelle riducono in modo significativo il rischio di morte nei neonati e nei bambini piccoli e hanno benefici immediati e duraturi sulla salute e sullo sviluppo del bambino. Inoltre, l’allattamento riduce il rischio di carcinoma mammario e ovarico per la madre.
  4. I numerosi benefici dell’allattamento superano in modo sostanziale i potenziali rischi di trasmissione e malattia associate a COVID-19.

In una lettera indirizzata a Stella Kyriakides [30], Commissaria europea per la Salute e la Sicurezza Alimentare, 62 europarlamentari esprimono la propria preoccupazione riguardo alle conseguenze negative che la gestione dell’emergenza COVID-19 può comportare per la presa in carico della gravidanza e della nascita, qualora questa non sia supportata da evidenza scientifica. Tra le misure poste all’attenzione della commissaria c’è il depotenziamento dei servizi di maternità, in termini di personale e di risorse; la chiusura, in alcuni casi, di servizi territoriali, di comunità e centri nascita senza il dovuto preavviso; l’uso non sempre motivato da indicazioni ostetriche dell’induzione del travaglio e del taglio cesareo di elezione; la separazione dai propri neonati; la negazione del diritto delle donne ad avere una persona di propria scelta durante il travaglio e il parto, così come i visitatori. Le proposte suggerite dai firmatari/firmatarie includono l’allocazione di adeguate risorse ai servizi di maternità, inclusi i dispositivi di protezione per il personale, l’adozione di politiche a garanzia della presenza di una persona a scelta della donna durante il travaglio e il parto, in linea con le raccomandazioni OMS, il potenziamento dei servizi per la presa in carico del parto extra-ospedaliero e la promozione di politiche basate sull’evidenza.

In seguito alle richieste pervenute, le Società Scientifiche SIGO, AOGOI, AGUI, SIN, insieme a FNOPO, hanno predisposto il documento “Gravidanza e parto in epoca COVID-19: consigli pratici” per promuovere una corretta gestione dei percorsi assistenziali che tenga conto dei bisogni delle madri, dei padri e dei bambini e, tuteli la sicurezza di tutti [31].

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